30 12, 2014

Apocalissi e chiese di Roma. All’origine della rappresentazione di un testo misterioso.

2021-03-18T18:11:20+01:00

Sin dalla sua comparsa all’interno dell’arte cristiana l’Apocalisse ha rappresentato un tema iconografico molto rappresentato. Siamo nel IV secolo d.C. e nella città di Roma iniziano a comparire dei motivi collegati alla narrazione apocalittica in varie raffigurazioni parietali. Ancora oggi è possibile ammirare parti di queste rappresentazioni o veri e propri cicli dedicati alla storia apocalittica.

Apocalisse

Com’è noto, l’Apocalisse scritta da San Giovanni è un testo incentrato sul racconto delle “cose ultime”, ovvero delle vicende che interessano la storia finale dell’umanità e che culminano col Giudizio Finale. Com’è semplice immaginare, con lo sviluppo del Cristianesimo e la sua affermazione come religione di stato, si rese necessario uno strumento che potesse servire da una parte a manifestare l’importanza della fede cristiana e del ruolo della Chiesa, e dall’altra a comunicare ai fedeli il messaggio della salvezza in forma visiva. In questo caso la liturgia veniva compresa e accolta meglio in quanto le immagini colpivano l’attenzione del fedele che assisteva alla celebrazione liturgica.

Nella città eterna, se visitiamo chiese paleocristiane e altomedievali, non è raro imbattersi in motivi simbolici legati a questo testo sacro come L’Albero della vita, la Gerusalemme Celeste, il Libro dei sette sigilli o l’Agnello con i quattro viventi. Se facciamo un giro per la città, non dimentichiamoci di visitare gli splendidi mosaici dell’abside di Santa Costanza o quelli dell’antica basilica di San Pietro. Soffermiamoci sull’arco trionfale che precede la zona absidale a Santa Maria Maggiore della prima metà del V sec. d.C., o nella Basilica dei Ss. Cosma e Damiano, del VI secolo, dove addirittura possiamo ammirare le rappresentazioni degli Angeli e dei ventiquattro Vegliardi, o i sette candelabri con il libro dei sette sigilli.

In queste rappresentazioni ricorre il simbolo del sette, il numero della completezza, della perfezione e della totalità della creazione. Gli appassionati di simbologia resteranno colpiti dai molteplici livelli di lettura e dai simboli che arricchiscono questi luoghi sacri.

Occorre soffermarsi sulle immagini per comprendere pienamente il valore che esse avevano per il cuore del fedele di età medievale. Nella zona dell’abside, dove sorge l’altare e dove la liturgia trova la sua piena espressione, sorgevano immagini che celebravano il trionfo della chiesa e della presenza spirituale di Cristo come tramite per salvezza. Ecco perché queste immagini sono ricche, maestose, e i loro colori sono sfarzosi, e comprendono l’oro e il blu quando si tratta di testimonianze musive.

Ancora, nella Basilica di Santa Prassede possiamo ammirare i I quattro esseri viventi identificati con i quattro evangelisti. Com’è noto, gli evangelisti Giovanni, Matteo, Marco e Luca sono associati a un simbolo particolare, e recano in mano un libro, ovvero il testo evangelico. Luca è associato al toro, Giovanni all’aquila, Matteo a un uomo, e Marco al leone. Anche a Venezia, il leone è un animale simbolico che ricorre spesso nelle testimonianze artistiche e culturali, in quanto la città è associata a San Marco.

Se pensiamo al territorio laziale nel suo complesso, invece, e siamo disposti a fare una gita fuori porta, un ciclo apocalittico particolarmente importante sotto il profilo artistico è quello che si trova poco distante da Roma, ad Anagni. Il ciclo affrescato risale al XII secolo ed è quindi medievale. A Castel Sant’Elia, nei pressi di Nepi, sorge invece la chiesa di Sant’Anastasio, sempre del XII secolo, con meravigliose rappresentazioni del Giudizio Universale.

Apocalissi e chiese di Roma. All’origine della rappresentazione di un testo misterioso.2021-03-18T18:11:20+01:00
29 12, 2014

Le Api della famiglia Barberini a Roma e il Bernini

2021-03-18T18:16:11+01:00

Nel corso del Seicento la città di Roma acquista una fisionomia particolarmente suggestiva, in cui il nuovo gusto pienamente barocco si va integrando alle preesistenze classiche e medievali rendendo la città una fucina di sperimentazioni di architettura e urbanistica.

E proprio in questo momento storico, il genio del Bernini si esprime attraverso progetti a dir poco scenografici secondo gli stilemi del movimento barocco, capolavori che possiamo ammirare ancora oggi semplicemente passeggiando per le vie del centro.

Gian Lorenzo Bernini - self-portrait.

Gian Lorenzo Bernini – self-portrait.

Vi starete forse chiedendo come possa rientrare in questo discorso il motivo iconografico dell’ape così come presentato nel titolo di questo piccolo articolo. Ebbene, Gian Lorenzo Bernini, famosissimo architetto italiano, lavorò nel corso della sua carriera per un papa piuttosto importante, Urbano VIII. Questo papa fu un grande mecenate appartenente alla famiglia dei Barberini, e durante il suo pontificato l’arte fu un mezzo attraverso il quale esprimere e manifestare il rango nobiliare della famiglia papale. In questo periodo il barocco era lo stile che meglio si prestava a manifestare una serie di concetti e di idee legate ai programmi di queste figure di spicco per la vita religiosa e politica romana. Urbano fu dunque mecenate, appassionato di arte e di letteratura, anche se purtroppo la sua fama è anche legata alla condanna di Galileo Galilei.

Con Urbano VII, però, Gian Lorenzo Bernini diventò l’artista ufficiale di corte e si deve a questo architetto e artista la realizzazione di numerose opere che adornano il centro urbano della capitale.

La famiglia Barberini possedeva uno stemma che comprendeva tre api su sfondo azzurro accanto a una tiara papale e alle chiavi di San Pietro. Non è un caso se moltissimi papi e personaggi importanti abbiano ricorso a dei simboli per manifestare la propria posizione e dare risalto ai propri programmi e ideali. L’ape è da sempre simbolo di operosità, dedizione, ed eloquenza. Sant’Ambrogio e San Bernardo di Chiaravalle, entrambi conoscitori e divulgatori delle Sacre Scritture furono associati a questo simbolo, e nelle fonti agiografiche si trovano sovente al centro di episodi che vedono come protagoniste le api.

La chiesa fu spesso vista e interpretata sin dall’età paleocristiana come un alveare, ovvero come una comunità in cui i credenti e figure del clero erano simili a piccole api laboriose e devote. Il miele era dunque metafora della dolcezza della parola divina e del messaggio cristologico.

In realtà questo simbolo è antichissimo e persino Zeus, il padre di tutti gli dei, veniva chiamato spesso Melisseo, e secondo alcune fonti fu nutrito proprio dalle api a Creta da bambino, e conferì ad esse il colore dorato. Non c’è da stupirsi dunque se questi piccoli e laboriosi animali furono utilizzati in chiave simbolica nel corso della storia.

Bernini - Fountain of bees

Bernini – Fountain of bees

Le api furono utilizzate come simbolo importante dalla famiglia Barberini, e furono di conseguenza utilizzate dal Bernini per adornare le sue creazioni. Tra queste spicca per monumentalità e importanza il Baldacchino di San Pietro. E come non parlare delle meravigliose fontane di Roma che progettò il Bernini sempre su commissione della famiglia papale? Nell’omonima Piazza Barberini sorge la Fontana del Tritone realizzata in travertino con il motivo del delfino, della conchiglia e del tritone, e con la presenza dello stemma papale dei Barberini con tiara, chiavi e api. Poco tempo dopo questa costruzione, Bernini realizzò invece la cosiddetta Fontana delle api, che risale alla metà del Seicento circa e fu sistemata all’angolo tra piazza Barberini e via Sistina. Oggi invece si trova in Via Veneto grazie all’intervento di restauro e recupero di frammenti della fontana originaria che era stata precedentemente smontata e collocata in alcuni depositi della zona Testaccio di Roma.

Come non citare poi il monumento sepolcrale di Urbano VIII? Nella Basilica Vaticana c’è una nicchia che ospita il suo monumento e che richiese circa vent’anni di lavoro all’architetto. L’opera fu completata nel 1647 ed è ancora oggi impossibile restare indifferenti di fronte alla raffinatezza del marmo bianco in cui sono state realizzate le statue allegoriche o personificazioni della Carità e della Giustizia. Quest’ultima sorregge appunto una spada con api, e lo stesso motivo compare più volte come decorazione nell’area del sepolcro.

Le Api della famiglia Barberini a Roma e il Bernini2021-03-18T18:16:11+01:00
27 12, 2014

Musei di Roma: l’arte moderna e contemporanea

2021-03-18T18:17:45+01:00

Museo_di_Arte_Contemporaneo_di_Roma

Se siete amanti dell’arte, o semplici appassionati, studiosi o interessati ai linguaggi artistici d’età moderna e contemporanea, e qualunque sia il motivo della vostra permanenza nella capitale, sappiate che siete nella città giusta. Roma non offre soltanto un vastissimo patrimonio culturale legato all’antichità, ma è anche un centro importante per lo sviluppo e la promozione dell’arte dell’Ottocento e del Novecento. La Città eterna offre infinite possibilità di scoperta e di itinerari che vanno dalle testimonianze delle sue origini antichissime sino ai giorni nostri. Un percorso interessante per esplorare la Roma che non ti aspetti è appunto quello che si sviluppa tra i principali contenitori culturali legati all’arte moderna, ognuno con le sue collezioni permanenti e con le sue mostre temporanee. Vediamone un elenco.

  • Galleria d’arte moderna di Roma Capitale. Nata nel 1925, questa istituzione è situata in Via Crispi, ed è nata con lo scopo di raccogliere testimonianze legate all’ambiente romano. Pittura, scultura, disegno e incisione sono alcuni dei linguaggi espressivi adottati dagli artisti che fanno parte di una collezione che vanta più di tremila lavori. Le opere più antiche risalgono alla fine dell’Ottocento e raccontano un vero e proprio pezzo di storia italiana. Severini, Morandi, Capogrossi, De Chirico, Carrà, Manzù sono soltanto alcuni dei nomi degli artisti che si ha la fortuna di apprezzare all’interno del museo. Trovano qui un luogo fruizione, opere legate a vari movimenti contemporanei come il “divisionismo” o la “Scuola romana”. L’edificio che ospita la collezione è un antico monastero del XVI secolo, appartenuto un tempo all’ordine delle Carmelitane Scalze, situato in pieno centro, a due passi da Trinità di Monti.
  • GNAM. Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea. Questo museo ospita la più grande collezione di arte contemporanea del nostro Paese. Si tratta di opere di pittura e scultura, stampe e disegni risalenti all’Ottocento e al Novecento. Il complesso museale si compone di 55 stanze. Qui si possono ammirare le opere di Fattori, Dupré, Lega, De Nittis, Degas, Cezanne, Van Gogh, Mondrian, Duchamp, Ernst, Arp. Insomma, lo GNAM è un vero e proprio scrigno di tesori dell’arte moderna e contemporanea.
  • MACRO. Museo d’Arte Contemporanea di Roma. Questo museo presenta una struttura costruttiva molto originale in quanto nasce dal recupero di precedenti aree industriali: l’ex stabilimento Peroni, che sino agli anni 70 è stato un centro attivo di produzione di birra, e l’ex Mattatoio di Testaccio risalente alla fine dell’Ottocento. Il MACRO è diventato quindi solo in seguito un centro di promozione per l’arte contemporanea e per le manifestazioni culturali legate ai linguaggi sperimentali del Novecento. Dal punto di vista del valore storico, questi edifici sono un chiaro esempio di archeologia industriale e una prova di come si possano riqualificare in senso culturale delle strutture sorte per differenti finalità. Soprattutto MACRO Testaccio, sorgendo in un luogo densamente frequentato da giovani, è aperto sino alla mezzanotte. La sede principale di questo istituto museale si trova invece nelle vicinanze di Porta Pia ed è stato progettato dall’architetto francese Odile Decq.
  • MAXXI

  • MAXXI. Nel quartiere Flaminio di Roma sorge invece il MAXXI, nato con l’obiettivo di essere un polo aggregativo per l’arte contemporanea. Oltre alle mostre, sono i laboratori, workshop, e convegni che arricchiscono l’offerta museale. Sotto il profilo architettonico, stupiscono le forme estetiche della struttura progettata da Zaha Hadid e inaugurata nel 2010. La collezione si divide in due settori: arte e architettura. Sono da segnalare le opere di Alighiero Boetti, Kara Walker, Marlene Dumas, Anish Kapoor, Francesco Clemente, Vanessa Beecroft, Luigi Ghirri.
Musei di Roma: l’arte moderna e contemporanea2021-03-18T18:17:45+01:00
24 12, 2014

Il museo dell’Ara Pacis e la mostra su Henri Cartier-Bresson

2021-03-18T18:18:02+01:00

Se avete fatto un giro a piedi o in macchina sul Lungotevere (una delle strade più percorse e trafficate di Roma) avrete sicuramente notato una grande struttura bianca semplice e lineare che ospita all’interno un imponente altare romano. Ci avete fatto caso? Si tratta del museo dell’Ara Pacis, realizzato in vetro, acciaio e travertino dall’architetto americano Richard Meier nel 2006 e che contiene appunto l’Ara Pacis.

Augusto

Questo è un altare dedicato dall’imperatore Augusto nel 9 a.C. alla pace e alla prosperità raggiunte nell’età augustea e costruito nella zona del Campo Marzio. Con il passare del tempo il livello della zona si innalzò fino ad arrivare a sommergere il grande altare augusteo le cui tracce iniziarono a riemergere solo durante alcuni scavi iniziati verso la fine del 1500 e completati molto tempo dopo, nei primi anni del 1900. Combina arte classica, ellenistica ed arte romana e presenta una serie di complesse raffigurazioni molto interessanti da osservare da vicino.

Da qualche anno inoltre il museo ospita periodicamente eventi e mostre di arte, moda e fotografia tutte di grande rilievo. Attualmente se vi va di fare un giro da quelle parti durante una delle vostre passeggiate alla scoperta di Roma potete andare a vedere la mostra sul grande fotografo francese Henri Cartier-Bresson che proviene direttamente dal Centre Pompidou di Parigi ed andrà avanti fino al 25 gennaio 2015.

Potete immergervi nel mondo di uno dei più grandi fotografi del ventesimo secolo che ha viaggiato moltissimo ed ha attraversato epoche e momenti storici di grande rilievo come la Guerra Fredda, il Surrealismo, la Guerra civile spagnola e la Seconda guerra mondiale testimoniandoli in modo profondo e poetico. Potrete entrare nel suo particolare modo di osservare la realtà che lo circonda e di cogliere l’attimo apparentemente più banale ma significativo. Sono esposte fotografie, disegni, film e documenti che permettono di apprezzare a pieno questo grande fotografo in una mostra realizzata in un contesto di grande interesse e fascino, sicuramente da esplorare nel vostro soggiorno di studio a Roma.

Usciti dalla mostra vi sarà sicuramente venuta voglia di prendere la macchina fotografica ed andare in giro a scattare per catturare istanti e persone della vostra parentesi romana. Vi siete accorti tra l’altro di che luce meravigliosa c’è in autunno nella capitale? Cartier-Bresson non se la sarebbe lasciata sfuggire ma per lui anche gli inevitabili giorni di pioggia avevano un grande fascino!

Bresson - Ara Pacis

Il museo dell’Ara Pacis e la mostra su Henri Cartier-Bresson2021-03-18T18:18:02+01:00
18 12, 2014

Una visita ai Fori Imperiali

2021-03-18T18:19:17+01:00

Siete in pieno centro, mentre passeggiate improvvisamente siete attratti da una serie di rovine, ancora affascinanti nella loro antichità, piene di storia e di cultura, che rendono meravigliosa l’area urbana in cui sorgono: siete nei pressi dei Fori Imperiali. Sia di giorno, che di sera, quando via dei Fori Imperiali è interamente illuminata, è difficile resistere al richiamo di una passeggiata nei loro pressi, in un’area urbana raggiungibile con la metro B, fermata Colosseo.

Credits: sognirossi

Credits: sognirossi

Si tratta della testimonianza archeologica più importante di Roma, in grado di restituirci un quadro interessante di quella che doveva essere la vita culturale dell’urbe al tempo dei suoi fondatori. Il complesso è costituito da una serie di aree costruttive che risalgono ai vari imperatori che si sono succeduti nel corso del tempo, ognuno con il suo foro o piazza dedicata. Ogni imperatore ha apportato modifiche all’area urbana, che oggi si presenta piuttosto stratificata e ricchissima di resti archeologici.

La parola “Foro” si riferisce in generale a una zona urbana centrale che corrisponde all’odierna piazza, in cui sorgevano gli edifici principali e si svolgevano le attività più importanti della vita collettiva, come le attività politiche e culturali.

Inizialmente, nel II secolo e più precisamente nel 107 d.C., e soprattutto grazie all’impulso dell’imperatore Traiano, ebbe avvio una stagione costruttiva unica per i fori. Fu Apollodoro di Damasco a progettare questa zona dei fori. Particolarmente affascinante è la zona dei mercati, con i resti ancora riconoscibili delle tabernae, che si sviluppano soprattutto lungo la cosiddetta via Biberatica. Nel foro c’erano la biblioteca greca e quella romana, il tempio di Traiano e la Basilica Ulpia, di cui restano tracce della pavimentazione in marmo colorato. Si ricorda che un tempo la basilica era un edificio civile e non religioso, mentre il principale materiale costruttivo utilizzato fu il laterizio.

Foro di Augusto

Il foro di Augusto invece fu inaugurato nel 2 a.C. e il suo edificio più importante era probabilmente il Tempio di Marte Ultore, in cui avvenivano le principale assemblee politiche, soprattutto legate alle questioni belliche come suggerisce l’aggettivo “ultore” che significa “vendicatore, bellicoso”. L’Aula del Colosso è invece un’area con opere d’arte, in cui sono state recuperare dei resti di statue che dovevano essere di grandi dimensioni; si tratta di una zona che accoglieva le statue dei principali personaggi della vita politica e militare della Roma repubblicana e dei suoi antenati.

Un foro più piccolo nella sua estensione ma ugualmente suggestivo è il foro di Nerva, in un primo momento collegato al nome di Domiziano. Conosciuto anche come “Foro Transitorio” fu il penultimo a essere costruito prima di quello di Traiano. Qui si trovava il Tempio di Minerva, una divinità particolarmente venerata da Domiziano. A causa della presenza di vari complessi più antichi sorti per volere degli altri imperatori, la zona edificabile a disposizione di Nerva fu senz’altro più ristretta, però sono famosissime le cosiddette “Colonnacce”, resti di colonne con relativa trabeazione e attico decorate (complesso di travi orizzontali situato nella parte superiore delle colonne).

Il più antico foro di quest’area complessa e stratificata è invece il Foro di Cesare. La sua edificazione risale al 54 a.C. e corrisponde a un momento storico in cui il Foro Romano più antico non era più in grado di adempiere alle sue funzioni. Dunque il Foro di Cesare nasce integrando l’area precedente. Si ricorda che all’interno del foro si svolgevano le principali attività della vita pubblica.

A chiudere verso sud-est quest’area c’era il cosiddetto Foro della Pace, legato all’imperatore Vespasiano, e costruito nel 71 a.C. Il suo compito originario sarebbe stato quello di conservare il bottino di guerra legato alle campagne giudaiche. Qui sorgevano un tempio con abside, in cui doveva verosimilmente comparire la statua dell’imperatore, e una biblioteca.

Arco di Settimio Severo al foro romano. Credits: sognirossi.

Arco di Settimo Severo al foro romano. Credits: sognirossi

Una visita ai Fori Imperiali2021-03-18T18:19:17+01:00
17 12, 2014

Mangiare per strada a Roma: la pizzeria al taglio

2021-03-18T18:20:17+01:00

love pizza

State facendo un passeggiata e vi viene un improvviso languorino, una voglia di mangiare qualcosa che non se ne va oppure siete in pausa pranzo tra una lezione e l’altra e non c’è abbastanza tempo per andare a casa o al ristorante. Cosa si fa? Le soluzioni sono tante e se ne trovano anche di internazionali: un kebab, un piatto cinese o indiano take away, un panino al bar o in una paninoteca, un piatto di pasta fredda oppure un classico pezzo di pizza.

Cosa c’è di meglio infatti di una pizzeria al taglio? A Roma se ne trova sempre una, ce ne sono tantissime, negozi di solito di piccole dimensioni sparsi ad ogni angolo e che avrete sicuramente notato facendo un giro per la città. È una particolarità tutta italiana (e tipicamente romana) che offre molte golosità. Teglie di pizza di vari tipi dalla classica margherita fino a mille varianti da acquistare in parti della misura che preferite, oppure (anzi anche!) crocchette di patate, supplì, arancini, calzoni. Come si fa a resistere? Avete già l’acquolina in bocca vero?

pizza al taglio

Qualcuno di voi si starà chiedendo cos’è un supplì. È un piatto tipico della cucina romana che di solito si accompagna a pizza e birra oppure viene servito come antipasto in pizzeria insieme ad altri fritti. I supplì sono delle palline di riso al pomodoro (condito con sugo al ragù) di forma ovale con all’interno mozzarella filante, croccanti e dorate all’esterno. Una vera delizia che potete mangiare praticamente solo a Roma! Li avete già provati? Non confondeteli con gli arancini che sono una specialità siciliana condita in varie modalità o con le crocchette, rigorosamente di patate.

Ma vogliamo parlare del calzone? Un’altra specialità che potete trovare in pizzeria anche se non è tipicamente romana ma originaria della cucina pugliese o napoletana. Si tratta di una pizza chiusa e ripiena a forma di mezzaluna farcita con ricotta, salumi, mozzarella, prosciutto cotto, pomodori. È cotto al forno ed esiste in tantissime varianti, tutte buonissime. Non potete non assaggiare anche un calzone durante il vostro soggiorno romano! Come avrete capito comunque le bontà da provare non mancano.

Che ne pensate della pizza al taglio? Cosa preferite mangiare mentre siete per strada?

Mangiare per strada a Roma: la pizzeria al taglio2021-03-18T18:20:17+01:00
30 11, 2014

Roma e i viaggiatori dell’Ottocento

2021-03-18T18:21:37+01:00

Gli anni del movimento Romantico coincisero con un momento della storia europea caratterizzato da un interesse per la storia dei popoli e delle nazioni, per un gusto neo gotico, per una sensibilità particolare, che portava a rivalutare il passato con le sue espressioni artistiche. Grazie alla diffusione dei cosiddetti “Grand Tour”, Roma divenne una meta speciale che attraeva visitatori da ogni parte dell’Europa. Le sue rovine erano un richiamo che non poteva non attrarre la sensibilità nostalgica dell’uomo romantico, affascinato dall’onirico, dal mistero, e dalla bellezza del passato. Il “Grand Tour” era un itinerario di viaggio intrapreso da tantissimi giovani dell’aristocrazia europea in varie località del territorio europeo.

Questa tendenza si diffuse a partire dal XVII secolo perdurando nei secoli successivi. Gli esploratori restavano in viaggio per mesi o anche anni, e solitamente la loro meta di arrivo era Roma o la Grecia, due Paesi ricchissimi di reperti e testimonianze della storia passato. Il viaggio divenne così importante che era considerata uno strumento essenziale per la formazione culturale di un nobile europeo.

The New Plan of Rome by Giambattista Nolli, 1748.

The New Plan of Rome by Giambattista Nolli, 1748.

Appunto, Roma con i suoi monumenti e le sue opere d’arte era una tappa piuttosto ambita, accanto a Napoli, Pompei, e la Sicilia. Gli studenti e gli appassionati di arte potevano entrare in contatto con i modelli originali di queste bellezze dell’antichità classica, esercitandosi nei disegni e nelle loro riproduzioni direttamente sul campo. Roma era un museo a cielo aperto, città in cui si stratificavano le rovine antiche a quelle cristiane, e moderne. I Musei Capitolini furono inaugurati per esempio nel 1734, e nel 1771 il Museo Pio-Clementino. Anche la periferia della capitale affascinava i visitatori: Frascati, Nemi, e soprattutto Tivoli con la sua Villa Adriana divennero meta di viaggio. Si diffuse così una vera e propria moda del collezionismo e dell’antiquariato.

Ma chi ha utilizzato per primo il termine “Grand Tour” e quali personaggi hanno esplorato Roma?

L’espressione Grand Tour è legata a una guida di Richard Lessels, “The Voyage of Italy” pubblicata nel 1670. Uno scrittore famosissimo, Johann Wolfgang Goethe, scrisse “Viaggio in Italia” (Italienische Reise), pubblicato tra 1816 e 1817. I due volumi che compongono questa pubblicazione sono il resoconto di un viaggio reale di cui è stato protagonista lo stesso Goethe alla fine dell’Ottocento. A Roma ebbe la possibilità di osservare le opere di Guercino, come la “Santa Petronilla”, o di Tiziano come la “Madonna di S. Niccolò dei Frari”, oppure, l’“Annunciazione” di Guido Reni, tutti lavori realizzati nel Seicento.

Tischbein, Goethe in the Roman Campagna, 1787.

Tischbein, Goethe in the Roman Campagna, 1787.

Ma Goethe non fu il solo a visitare l’Urbe. Stendhal visitò la città più volte sino al 1828 e nelle Passeggiate Romane lascia una testimonianza di quanto viaggiare a Roma fosse una scoperta continua. Moltissimi poeti, scrittori, nobili risiedevano in centro, come testimonia la Keats and Shelley Memorial House situata nel cuore di piazza di Spagna, dove morì addirittura un altro grande scrittore, ovvero Keats nel 1821. Sempre in centro, lo storico Caffè Greco era un luogo importante di ritrovo, accanto alle ville dei personaggi dell’alta società romana. Questi visitatori passeggiavano per la città mossi da una grande curiosità non solo nei confronti delle rovine antiche di Roma ma anche per le opere elaborate nell’età moderna, come quelle di Raffaello. Dunque Roma, dalle testimonianze archeologiche, come i Fori Imperiali, il Colosseo, e le opere conservate nei nascenti musei ottocenteschi, ai siti di età paleocristiana e medievale, sino alle opere artistiche moderne offriva uno spettacolo completo, e appariva agli occhi dei visitatori europei una sorta di scrigno che custodiva la storia della cultura occidentale in ogni sua tappa.

Roma e i viaggiatori dell’Ottocento2021-03-18T18:21:37+01:00
29 11, 2014

La Colonna Traiana e L’Arco di Costantino: quando l’arte celebra la storia

2021-03-18T18:21:55+01:00

Tra i monumenti più importanti della storia romana ci sono la Colonna Traiana e l’Arco di Costantino. Pur essendo sempre sotto gli occhi di tutti, facendo parte della struttura urbana, e visibili anche semplicemente passeggiando in centro, potrebbe non essere sempre così immediato comprendere il loro valore simbolico. Si tratta di monumenti ricchissimi di simboli e riferimenti a vicende storiche molto distanti nel tempo, nati con la finalità di celebrare o raccontare le gesta degli imperatori che avevano promosso lo sviluppo della società romana. Ma perché questi monumenti vengono citati insieme?

Arco-di-Costantino

L’Arco di Costantino, come suggerisce il nome, è legato all’imperatore del IV secolo che dà impulso alla religione cristiana in Occidente. In questi anni, il clima sociale è di forte tensione e culmina nella battaglia di Ponte Milvio. L’Arco di Costantino sorge appunto per comunicare e celebrare gli avvenimenti di cui si è reso protagonista l’imperatore. Per farlo, questo imperatore guarda ai fasti del passato e all’imperatore Traiano, che era stato un grande promotore dell’espansione romana in Dacia, nella parte orientale dell’Impero. Dunque, alcuni rilievi che sono presenti sulla colonna Traiana vengono ripresi come modello per l’Arco di Costantino.

colonna-traiana

Vediamo qualche dettaglio in più. La Colonna Traiana fu inaugurata nel 113 d.C. e presenta un lungo fregio a forma di spirale che si avvolge attorno alla superficie della colonna, formata da diciannove blocchi di marmo. Come già accennato in precedenza, il tema del monumento è la celebrazione delle vittorie dell’imperatore in Dacia (101-106) e dunque delle sue campagne militari. La narrazione è movimentata, la figura di Traiano è rappresentata ben sessanta volte. Sono rappresentati episodi di marcia, momenti cruciali delle battaglie, cerimonie, e ambascerie. Tutte queste scene sono inserite in ambientazioni realistiche e naturali, ben rappresentati, fatto che lascia supporre che esistessero delle fonti scritte o resoconti precisi utilizzati come modello per la sua costruzione. Quanto all’attribuzione, questi rilievi sono generalmente collegati al “Maestro della Colonna Traiana”, una personalità artistica sicuramente importante nell’ambito della vita ufficiale dell’Impero, attento conoscitore dell’arte ellenistica.

L’arco di Costantino è invece un arco trionfale alto 21 metri con tre fornici (ovvero tre aperture), che si trova a pochi passi dal Colosseo. L’arco è stato eretto per volere del senato romano per celebrare e ricordare la vittoria dell’imperatore di Costantino contro Massenzio. Si tratta della famosa battaglia di Ponte Milvio avvenuta nel 312. La struttura è in marmo e la decorazione presenta vari rilievi che narrano gli episodi salienti legati alla vita degli imperatori precedenti, del II secolo, al quale Costantino si ispirava: Marco Aurelio, Traiano e Adriano. Proprio il II secolo è visto come il secolo felice della romanità, di cui questi imperatori ne sono il simbolo.

L’arco presenta un particolare fregio, il grande fregio di Traiano, scolpito e originariamente posto nel foro di Traiano. Il tema rappresentato è quello delle imprese dell’imperatore e del suo trionfo contro i Daci. La narrazione è quindi strettamente legata a quella della colonna Traiana già citata. Vari studiosi hanno anche ipotizzato che questi rilievi siano il frutto dello stesso maestro ma pur essendo molto simili, questi lavori hanno uno stile diverso: la colonna traiana ha uno scopo documentario, mentre l’arco è più celebrativo. L’arco presenta infatti una straordinaria ricchezza di dettagli e soggetti pur essendo l’esecuzione davvero simile a quella della colonna.

La Colonna Traiana e L’Arco di Costantino: quando l’arte celebra la storia2021-03-18T18:21:55+01:00
29 11, 2014

Il tempio di tutti gli dei: il Pantheon

2021-03-18T18:22:52+01:00

Nel cuore della Città eterna esiste un edificio storico in cui una volta entrati non potrete non sollevare lo sguardo ed essere letteralmente rapiti dal fascio di luce proveniente da un’apertura sulla sommità: il Pantheon. In greco la parola Pantheon significa “tempio di tutti gli dei” e, infatti, questo monumento dedicato probabilmente alle divinità pagane venerate in età classica fu ricostruito nel II sec. d.C. per volere di un imperatore illuminato e amante delle arti e della cultura. Fu Adriano ad avviare il rimaneggiamento di questo tempio di età augustea che era stato distrutto da alcuni incendi nel periodo precedente al suo governo.

pantheon

Ciò che colpisce del Pantheon è la sua perfezione costruttiva. L’edificio è inscrivibile in una sfera e la sua altezza è uguale al suo diametro. Il risultato è di estremo equilibrio e di armonia delle forme geometriche. L’artefice di questo progetto fu probabilmente l’architetto Apollodoro di Damasco. Un vero e proprio capolavoro di ingegneria edile e costruttiva con uno spazio perfetto e sferico che non può non colpire lo spettatore coi i suoi giochi di luce e ombra. L’apertura sulla sommità della cupola si chiama tecnicamente oculus e nel caso del Pantheon ha un diametro di 9 metri.

Uno degli elementi che non passa inosservato all’esterno del Pantheon è un’iscrizione in latino con lettere bronzee: M. Agrippa L.F. Cos. Tertium. Fecit. Questa espressione latina tradotta sciogliendone le abbreviazioni significa: Marco Agrippa, figlio di Lucio, console per la terza volta, edificò. L’iscrizione risale quindi a un primo momento costruttivo, ovvero all’età augustea, nel I sec. a.C. L’imperatore Adriano volle però mantenere questo ricordo creando una continuità storica con l’imperatore del passato.

Abbiamo già detto che il significato del termine Pantheon è “tempio di tutti gli dei”. Ma a quali dei era dedicato questo edificio? Per quali scopi era utilizzato in origine? Secondo gli storici, la sua funzione iniziale è quella di tempio religioso e pagano, dedicato agli dei protettori della famiglia Giulia, alla quale apparteneva Augusto. Tra le divinità principali collegate a questo culto nel corso del tempo c’erano Marte e Venere. Secondo altri studiosi invece, il nome deriva dalla caratteristica volta che potrebbe evocare una volta celeste e divina.

Cosa rende il Pantheon così speciale sotto il profilo architettonico? Questo tempio è caratterizzato dalla presenza di un Pronao, ovvero un’area di ingresso antistante alla zona interna, con forma squadrata, come accade per molti templi greci, e uno spazio circolare interno. All’esterno ci sono sedici colonne di granito di colore grigio e rosa alte 13 metri. Dal punto di vista costruttivo l’elemento più importante e interessante è la cupola in calcestruzzo. Fu costruita in maniera pensata e accurata utilizzando materiali più leggeri mano a mano che si arrivava alla sommità. Il travertino è usato nella sua parte più bassa mentre nella parte superiore troviamo lapilli e pietra pomice, più leggeri, e dunque in grado di pesare meno sulla struttura.

Se il Pantheon è giunto a noi sino a oggi è anche perché durante il VII secolo è stato convertito in una basilica cristiana come avveniva per moltissimi monumenti pagani durante il passaggio all’età cristiana. Dedicato a Santa Maria della Rotonda ha vantato anche lo status di “Basilica Minore”. Mentre, nel 1870 è diventato sacrario dei Re di Italia accogliendo le spoglie mortali di Vittorio Emanuele II, Margherita di Savoia, ma anche di Raffaello Sanzio, grandissimo artista rinascimentale.

Il tempio di tutti gli dei: il Pantheon2021-03-18T18:22:52+01:00
28 11, 2014

Roma sotterranea: le catacombe paleocristiane

2021-03-18T18:23:17+01:00

Roma, citta eterna, conosciuta per i suoi splendori in superficie riserva meraviglie anche nella sua parte più nascosta e sotterranea. Sono moltissime le testimonianze di età paleocristiana che è possibile visitare ancora oggi nel cuore di questa città che accolse le prime comunità cristiane. Queste diedero impulso a una grande attività artistica legata alla diffusione del messaggio di salvezza che intendevano trasmettere in un momento in cui ancora embrionale per la storia della Chiesa.

The Catacombs of San Callisto, "Good shepherd".

The Catacombs of San Callisto, “Good shepherd”.

Tra le più interessanti catacombe c’è il complesso di San Callisto, che sorge lungo la via Appia, ed è costituito da un gruppo di aree cimiteriali datate al II sec. d.C. Il nome delle catacombe fa riferimento a un papa martire molto importante per la storia della chiesa occidentale. Tra le zone significative dell’area ci sono la cosiddetta “Cripta dei Papi” e la “Cripta di Santa Cecilia” con i “Cubicoli dei Sacramenti” risalenti agli inizi del III secolo d.C e con affreschi legati ai principali sacramenti della liturgia come l’Eucarestia e il Battesimo.

Le Catacombe di San Sebastiano, il cui nome è legato al martire cristiano che fu qui sepolto, sorgono in un’area di Roma che un tempo presentava cave di pozzolana, lungo la via Appia Antica. Infatti, era nota con il nome di ad catacumbas, ovvero “nei pressi dell’avvallamento”, e questa espressione si è poi trasformata nel termine con cui si fa riferimento alle catacombe nella loro attuale accezione. Le catacombe di San Sebastiano presentano numerose tombe a loculo pagane e cristiane con motivi decorativi parietali e graffiti e invocazioni agli apostoli Pietro e Paolo. Sappiamo che l’area cimiteriale ebbe una frequentazione piuttosto intensa sino a tutta l’età medievale.

The Catacombs of Priscilla, "Good shepard".

The Catacombs of Priscilla, “Good shepard”.

In Via Salaria si trovano le Catacombe di Priscilla, la nobile fondatrice del complesso cimiteriale, il cui apporto alla realizzazione è testimoniato da un’iscrizione in loco. Molti papi furono sepolti all’interno di questo cimitero da Marcellino, a Silvestro, a Celestino e Vigilio. Le decorazioni che interessano il cosiddetto “Cubicolo della Velata” sono direttamente collegate alla vita della donna defunta. Il cubicolo (piccola camera sepolcrale ai lati della galleria) è decorato con pitture della seconda metà del III sec. che alludono al matrimonio, alla maternità e alla morte della defunta qui sepolta. Qui, in una nicchia c’è la più antica testimonianza iconica della Madonna in Occidente: la Madonna con il Bambino e il profeta Baalam, risalente al III secolo. Un’altra zona interessante è il criptoportico (portico semisotterraneo) con la “Cappella Greca”, che originariamente era un sepolcreto privato di una nobile famiglia, particolarmente importante per la presenza di cicli pittorici molto antichi, sempre datati al III secolo.

In via Nomentana sorgono invece delle catacombe non perfettamente conservate a causa dell’intensa frequentazione: le Catacombe di Sant’Agnese. Questo è il nome di una martire romana molto giovane a cui è dedicato il complesso, anche se esistono differenti versioni storiche in merito alla sua vita. Tra queste, la testimonianza di Sant’Ambrogio e Prudenzio, i quali raccontano che la fanciulla morì decapitata in nome della religione cristiana, e in seguito a questo episodio, il suo culto si diffuse in maniera molto intensa. Sembra che anche l’imperatore Costantino fu molto devoto a questa martire, tanto che fece costruire nelle vicinanze dell’area una basilica e un mausoleo con cupola e decorato mirabilmente con mosaici e amorini, in onore di Costantina. Fu poi papa Onorio I a costruire la basilica sulla tomba di Agnese con un’abside decorata con mosaici che rappresentano Agnese e i papi Onorio e Simmaco.

Nei pressi di via Casilina sorgono invece le Catacombe dei Santi Marcellino e Pietro, chiamate anche “Catacombe di Sant’Elena”. Esse si estendono per una superfice davvero ampia, di circa 18.000 m². Uno scavo effettuato nel 2006 ha riportato alla luce diversi ambienti che mai erano stati scoperti prima, con affreschi e numerosi corpi risalenti alla fine del II secolo d.C., la cui sepoltura è legata con molta probabilità a un’epidemia di peste. Il complesso era segnalato dalle fonti come “inter duas lauros” a causa del nome originario della zona. Lo sviluppo dell’area dedicata ai martiri cristiani è legato a papa Damaso, il quale fece costruire la scala d’accesso alle sepolture, poste in una cripta sotterranea. Si attesta una grande frequentazione dell’area, con affreschi e incisioni in latino e runico.

Roma sotterranea: le catacombe paleocristiane2021-03-18T18:23:17+01:00
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